Memoria attiva: fare Memoria
Come ideare progetti e percorsi di senso, capaci di innescare processi di memoria attiva con chiavi di lettura significative del presente?
Penso innanzitutto che la risposta sia collettivamente: l’innesco deve essere collettivo.
Percorso Primaro, infrastruttura di comunità
Racconterei questo progetto su Argenta che ho coordinato lo scorso anno, finanziato da Regione Emilia Romagna. Ha ancora oggi degli spin-off attivati da questo processo, perché appunto è stato particolarmente significativo e generativo di interrogazioni. È stato un lavoro sulla memoria che ha portato e sta portando nuove azioni sulla città e sul contesto del paesaggio argentano. Argenta è una città in Provincia di Ferrara ed è un’area umida, come tutta la zona della Pianura Padana, un’area anfibia, dove terra e acqua si alternano senza soluzione di continuità, nel tempo e nello spazio. Sono paesaggi che ciclicamente vengono allagati dall’acqua, anche salata, e poi restituiti a un uso antropico attraverso una bonifica, tornando a essere suolo. Questo processo di terraforming è strettamente connesso con la memoria di questi luoghi, perché mai come qui il paesaggio è costruito dall’uomo. Via via diamo argini diversi e modifichiamo i corsi. Questo processo è particolarmente significativo ad Argenta, perché da lì passava uno dei paleoalvei del Po, Padus Primarius. Il progetto che abbiamo costruito si chiama Percorso Primaro, infrastruttura di comunità e parte dall’idea di far riemergere la memoria di questo antico alveo camminando, prendendo contezza delle spazialità con i propri corpi e attingendo a tutto un archivio memoriale di video e testimonianze prese sul campo dagli abitanti della città rispetto a quello che l’abitare ha significato nel passato e a quella che è stata, più in generale, la storia di questa città. L’abbiamo fatto con un artista, Leonardo Delogu di DOM, che lavora con queste pratiche del camminare e l’abbiamo fatto attraverso diversi strumenti, in un processo che è durato praticamente un anno.
Gli strumenti sono arcani maggiori
Abbiamo sintetizzato gli strumenti in cinque carte, che sono di fatto degli arcani maggiori. Ogni carta è legata ad un appuntamento che si è svolto nella città di Argenta. Sono figure ibride e anfibie. C’è stata un’assemblea civica, la costruzione di un manifesto, l’incontro col Rione Reno il quartiere più vicino al fiume e la costruzione di un rito.
La costruzione del rito
Con rito intendiamo questo momento di sospensione in quella che può essere una fruizione ordinaria di una città e dei suoi spazi, per dare rilievo ed evidenza a una matrice memoriale. Leonardo Delogu ha lavorato con delle casse a spalla. Le persone avevano queste casse sul petto o sulla schiena e costruivano l’inizio e la fine di una processione, creando una bolla sonora. Questo paesaggio sonoro temporaneo è partito da un punto memoriale importante: il bombardamento alleato argentano della Seconda Guerra Mondiale, che ha raso al suolo quasi tutta la città. Da lì, attraverso riferimenti anche letterari, cinematografici e fotografici, Celati, Ghirri, Antonioni, le loro testimonianze. Abbiamo ascoltato dei passaggi di interviste di queste persone, oppure opere filmiche, come Gente del Po di Antonioni. Tutto questo mentre camminavamo attraverso la zona industriale della città, attraverso il cimitero, per arrivare nell’alveo del fiume Vedevi fisicamente. Sentivi di essere nel letto di un fiume, con questi argini giganti ai lati, arrivando a scalare l’argine del Reno.
Il percorso primaro e il manifesto aperto
In questo rapporto di trasformazione continua, il percorso antico del Po si è interrotto poco dopo Ferrara. C’è il ramo morto del Primaro e quello che era il Po è stato fatto confluire verso Argenta nel Reno. Abbiamo scalato l’argine con una corda, per camminare lungo il percorso primaro asciutto: un’infrastruttura ciclopedonale che oggi l’Amministazione comunale intende rafforzare. Quello che abbiamo cercato di fare era capire se questa infrastruttura potesse essere anche di comunità, legandosi al patrimonio memoriale. Da questo processo è emerso un manifesto aperto, di fatto un masterplan.
Il manifesto riprende gli arcani. Sul retro c’è la mappa, il nostro masterplan. Ci sono delle aree con questi fili rossi di imbastitura, su cui poter sperimentare, prima di serrare il filo, per cucire il vestito su misura. Sono le aree su cui ora stiamo sperimentando. Su quella che intreccia la trama del Parco del delta del Po con l’urbano, stiamo facendo un progetto con l’Ente Parco CAMPOTTO – Accordi di comunità verso un nuovo piano di stazione, con l’artista Adelita Husni-Bey, utilizzando le metodologie del Teatro Legislativo, che includono l’invito alla partecipazione attiva del pubblico di spettatori, per riscrivere gli scenari ideati dai partecipanti.
L’azione è interpretazione
Il manifesto aperto per noi è un’azione di cartomanzia: la parola è composta da due termini carta e manteía – divinazione – che assumiamo nel significato di interpretazione. Ciascuna delle azioni del percorso partecipativo è stata accompagnata da una carta dei tarocchi. Le raffigurazioni classiche degli arcani maggiori si sono ibridate con la fauna propria del paesaggio argentano. Questa scelta ha messo in evidenza alcune coincidenze di significati interessanti, nell’approccio dell’urbanistica partecipativa e in quello della cartomanzia. La logica della lettura delle cinque carte dei Tarocchi ripercorre esattamente quella tipica della pianificazione strategica: lettura critica e interpretazione dei punti di forza e delle criticità; restituzione dello stato attuale; prefigurazione di una vision aperta; definizione di azioni per l’avvio dell’attuazione della vision attraverso attività condivise. in questi termini, il Comune di Argenta e suoi cittadini hanno svolto il ruolo del consultante, avendo posto una domanda: “Come considerare il primario infrastruttura di comunità?” e gli esperti – artisti, architetti, paesaggisti, grafici e videomaker – quello del cartomante, che interpreta i segni e le sollecitazioni, prefigurando uno scenario auspicabile, con azioni possibili e condivise per la sua realizzazione. L’idea di questo team di progetto, che ci vede come cartomanti che danno una risposta a una città, ci è sembrata interessante, perché rompe un po’ la logica deterministica e lineare, che porta da un certo processo a un certo risultato. Tutto questo è MAB UNESCO ed è collegato al riconoscimento UNESCO di Ferrara Città del Po’: sono aree fortemente significative, dove però questa memoria inizia anche a perdersi. È forte in alcuni e in altri, magari nelle generazioni più giovani, si perde. E sicuramente non è visibile. Per chi non lo sa e per noi stessi, prima di aver camminato nel paleoalveo del fiume, percepire con quella forza che il fiume c’era e che era la matrice di quel paesaggio, non era una cosa semplice. Abbiamo ripetuto questo rito già due volte e intendiamo ripeterlo di nuovo l’anno prossimo, perché ci piacerebbe che diventasse davvero un appuntamento per la comunità.
Una memoria che diventa un rituale del fare
L’altra cosa importante è che con questo processo abbiamo deciso con Regione Emilia-Romagna di costituire un osservatorio del paesaggio regionale: in termini di governance, ci siamo posti il problema di cosa fare di queste sollecitazioni che abbiamo offerto. È stato sicuramente materiale utile per costruire il manifesto, deliberato dalla Giunta di Argenta e poi approvato dalla Regione. Facciamo leggi con questa memoria, ma ci interessa far capire su quali gambe può continuare il processo. Per questo, coinvolgiamo la comunità, riprendiamo la memoria, ma non siamo noi i depositari di questa memoria: deve esserlo la comunità stessa. La costituzione di questo osservatorio del paesaggio recepisce leggi europee e regionali e nasce da questo processo, replicando quest’anno il rituale memoriale: una memoria che non è passiva e che diventa un rituale del fare, una memoria che costruisce e trasforma il paesaggio.
Visioni di impatto: fare Cambiamento
Cosa suggeriresti alle organizzazioni per promuovere un orientamento alla progettazione delle attività, che ponga al centro il cambiamento che si desidera generare in relazione ai Luoghi della Memoria? Cosa dovremmo considerare in una valutazione di impatto?
I soggetti coinvolti sono eterogenei. Questo progetto ha come capofila l’associazione Basso Profilo di cui sono il direttore. C’è la Sezione CAI di Argenta, che ha costruito questo percorso: sono stati i primi a dare rilievo all’infrastruttura fisica, chiamandola Percorso Primaro. Abbiamo coinvolto altre associazioni locali e sportive, gli scout, il Consorzio Wunderkammer e altre realtà strutturate: un partenariato vario con competenze diverse.
Parlando, persona per persona
Con le persone di Argenta, la scelta è stata lasciarsi andare alla casualità. Abbiamo certamente immaginato dei momenti formali, come l’assemblea e l’incontro con il rione vicino al fiume, che ovviamente avevano un focus specifico, ma altri, dalla costruzione del rito all’esplorazione collettiva, sono stati assolutamente casuali e randomici. Leonardo Delogu in residenza, vivendo nella città, passeggiando nei quartieri, parlando con le persone, dal tabaccaio, nel bar, nell’ufficio del Comune, ha costruito una rete di passaparola, di contatti, di storie e di persone, che hanno permesso questa esperienza molto profonda di recupero memoriale. Il Comune di Argenta aveva fatto un lavoro bellissimo con gli ex-partigiani. Prima che queste persone morissero, aveva recuperato tutta una serie di interviste in video: abbiamo scoperto questo archivio grazie al dialogo di Leonardo con una persona del Comune. Il Manifesto per noi è stato importante: l’idea non era quella di fornire soltanto una traccia da recepire, ma lanciare anche delle provocazioni, lasciare suggestioni da sperimentare, aree di imbastitura, con primi punti dati morbidi.
L’impatto per noi è stato il riemergere del nascosto
L’impatto non è stato valutato a partire dal numero di persone coinvolte, ma dalla raccolta di suggestioni memoriali, da quanto siamo riusciti a far riemergere e a far riaffiorare di questo nascosto. E il nascosto era praticamente tutto. Ci siamo accorti che questa città ha tanti segreti, per il lutto del bombardamento e della distruzione. Una cosa interessante, inizio del percorso memoriale di Leonardo, è che tutte le macerie, dopo il bombardamento, erano state messe su dei carrelli e portate in una buca, che in realtà era la cava d’argilla, da cui nel 1600 era nata tutta la città. Su queste macerie sarebbe stato costruito lo stadio dell’Argenta Calcio. Il percorso inizia da lì e chiaramente l’inizio è anche la fine, come l’urobòro, il serpente che si morde la coda. È un nodo di memoria ancora forte per la città. Sentono di aver perso il loro patrimonio architettonico e artistico, ma sanno che è tutto lì sotto, che quel tutto può dare nuova forza e nuova linfa a questa consapevolezza.
Percorso Primaro: il progetto è sul sito di Basso Profilo
Lavorare con la memoria è andare nel profondo
Avevamo l’obiettivo di ricostruire un manifesto aperto per la città, ma il come è stato essenziale. La cosa bellissima, che si vede nel documentario realizzato dal documentarista Bruno Leggieri, è l’emersione, dall’inizio alla fine, delle parole chiave dei temi, che diventano in modo organico parte di questo manifesto. È un processo costruito cammin facendo, dove questi intrecci di trame memoriali, ambientali e storici si legano via via spontaneamente. L’imprevedibilità della creazione artistica, il non sapere a priori il tipo di risultato, per noi è stato essenziale.
Lentamente costruire fiducia
Sono processi complessi e lenti. Si basano molto sulla fiducia. Ci interessava capire se con queste persone eravamo riusciti o meno a costruire fiducia. L’abbiamo ottenuta perché si sono confidate. Ci hanno raccontato i traumi personali delle loro famiglie, dei loro nonni. È stato preziosissimo per arrivare al nostro output: il manifesto masterplan, di cui la camminata rituale era lo strumento. Se si lavora con una materia viva e imprevedibile, come dev’essere quella dell’arte o dei processi partecipativi, l’idea è quella di provare a riacquistare la fiducia di chi vive la città, erosa per tanti motivi storici.
Le chiavi conquistate sono l’impatto
C’è un lavoro iniziale di conquista della fiducia: si può fare solo parlando persona per persona e non ci sono più enti intermedi che possono abilitare e facilitare. I partner aiutano, ma nel nostro caso la cosa è cambiata quando Delogu ha parlato con le persone ai tabacchi, quando ha incontrato l’ex-presidente dell’Argentana Calcio, che gli ha dato le chiavi dello stadio. Con le diverse chiavi che abbiamo recuperato, siamo entrati in una proprietà privata, abbiamo attraversato un campo e con un agricoltore siamo entrati in un altro spazio. Queste chiavi erano tutte conquistate ed erano tutte un segno, una testimonianza di impatto fenomenale. Perché avere le chiavi di casa tua o di uno stadio, da chi lo usa o lo ha in gestione, significa aver generato un impatto enorme in un tempo brevissimo: il massimo che si può generare in un processo del genere.
Per una rinnovata consapevolezza
Argenta è una città piccola, il territorio argentano è molto, molto vasto, con un grande parco, tante piccole frazioni e ventimila persone. Parliamo di un paesaggio anfibio, di un fiume abitato. Con l’ultima alluvione di qualche mese fa, una parte del territorio è stata allagata. Il parco è anche un’area che permette mitigazione e controllo. Queste vasche hanno tenuto bene la quantità d’acqua in più e la città è stata salvata, ma questo rapporto con la fragilità, con un territorio esteso, con le pratiche antiche di controllo dei fiumi e degli argini anche perse, necessita di una rinnovata consapevolezza. Sul rapporto tra uomo e ambiente in un contesto così fragile si può lavorare in tante maniere. Servono strumenti nuovi e strumenti antichi. Bisogna che la gente capisca che queste cose qui hanno un valore.
Il manifesto del basso profilo
Come associazione lo abbiamo scritto 15 anni fa. Il nome non è casuale. È proprio l’idea di guardare le cose da un punto di vista laterale e diverso: l’impatto per noi non si misura solo sulla soddisfazione in termini di ritorno economico e di numeri, ma proprio su come il progetto agisce sul bagaglio cognitivo delle singole persone che intercettiamo. È chiaramente difficile da quantificare, ma ci possono essere delle testimonianze. Le chiavi recuperate, le persone da cui abbiamo raccolto le storie: sono indicatori di impatto profondissimi in un processo di questo tipo, che riflette sull’imprevisto, molto più del numero di persone che hanno partecipato all’incontro col Rione Reno, più sentito perché riguardava la trasformazione dell’area, ma meno significativo, perché si è tradotto nel solito cahier de doléances.
Come valutiamo l’impatto dell’imprevisto? Non lo so, però possiamo e dobbiamo lavorare in questa direzione, altrimenti restiamo fermi a una visione veramente novecentesca e deterministica di ingegneria sociale.
Leonardo Delmonte è direttore e co-founder della “Basso Profilo” APS e direttore e co-founder del consorzio “Wunderkammer”, laboratorio di innovazione culturale nato nel 2011 per riattivare gli ex magazzini fluviali e il molo di Ferrara. Opera nell’ambito dei progetti di rigenerazione urbana e tactical urbanism; design dei servizi e dei processi partecipativi; performance e arti visive; didattica e pedagogia di comunità; paesaggio e strategie urbane.