Un laboratorio attuato in Fiera del Levante per individuare elementi di indirizzo utili a valutare i progetti per i luoghi della memoria, ai fini della redazione del programma biennale previsto dalla Legge Regionale n.10 del 27 marzo 2020.
Gli interventi introduttivi
Le riflessioni di Francesco Milella, Consigliere della Fondazione Fitzcarraldo, esperto di valorizzazione integrata del patrimonio culturale, dei processi di governance dello sviluppo locale e di programmazione dei fondi strutturali.
Tra memoria e futuro
Come dice un fantastico libro di Luca dal Pozzolo, l’intero patrimonio culturale è sempre sospeso tra memoria e futuro. I luoghi della memoria sono quelli che restituiscono elementi di valore alla Storia, con la S maiuscola e con le tante s minuscole.
Diventa centrale la capacità di sottrarre il valore culturale dallo sguardo esclusivo degli esperti, come dice Marc Augè. Accade quasi naturalmente che i pubblici non siano quelli di riferimento ed è più facile che i protagonisti non siano soltanto destinatari di attività e di divulgazione per la restituzione di un valore culturale, ma che si facciano attori. Ci sono storie di luoghi della memoria fantastici in cui i cittadini hanno ricostruito la propria identità. Penso che i luoghi della memoria siano quel caso di processi di valorizzazione in cui si fa della centralità della condivisione identitaria il valore antropologico che è alla base dei sistemi di relazione umana.
Ci sono casi di luoghi della memoria che sono reinventati e ricostruiti. Lo spazio e il tempo in cui accadono delle cose possono essere elementi abilitanti e riabilitanti delle condizioni di benessere delle persone.
C’è un’esperienza di teatro straordinaria
L’esperienza dell’attore e regista Leonardo Delogu, stabilizzato nel Comune di Preci, uno dei tanti luoghi colpiti dal sisma dell’Umbria e delle Marche, completamente devastato. L’intera città è zona rossa e si vede in cima ad una collina soltanto una piccola frazione, con pochissime case e con un terzo degli abitanti. Ogni famiglia ha perso dei propri cari. Delogu è stato capace di ricostruire un processo di rielaborazione di un lutto vero, attraverso un fatto molto semplice: la raccolta delle storie delle persone, con una musealizzazione aperta e fiduciaria di queste storie, in cui le persone si sono riconosciute, attraverso il gesto della teatralità di questa forma di musealizzazione. Sono stato lì con lui tre giorni e a due anni di distanza ci sono tornato, quando hanno deciso di fare questa grande festa, che era una tavolata lungo il corso del paese, in cui tutti gli anziani e i bambini hanno fatto teatro, raccontando le storie.
Una festa, una grande festa identitaria, in cui il valore culturale era espresso con la semplicità di chi si riappropria di cose dimenticate. In questo è il valore proprio di memoria: un valore che non guarda soltanto al passato e che può diventare elemento abilitante del futuro.
I luoghi della memoria vivono di condivisione
I luoghi della memoria sono quelli che alla fine fondamentalmente azionano il principio di riconoscere e di riconoscersi.
Molto più dei beni culturali o del patrimonio di tipo culturale, come le collezioni dei grandi musei che incorporano nelle cose l’elemento di trasmissione del valore culturale, i luoghi della memoria vivono di condivisione. In questo probabilmente c’è un mio orientamento di scelta rispetto alle indicazioni che emergono dal ricchissimo albero degli obiettivi, frutto dei vostri lavori.
Tutto sommato sono luoghi in cui occorre il valore della effettiva precisione, perché la qualità delle attività di ricerca scientifica è ovviamente fondamentale, come in tutti i processi valorizzazione del patrimonio culturale, assieme alla ricchezza di interpretazione. Com’è stato scritto non c’è soltanto la storia: la storia è fatta di storie, non come disinterpretazione dei fatti, ma reinterpretazione da parte dei soggetti che hanno vissuto in prima persona quei valori che hanno assunto natura culturale per i più disparati motivi. Tutte quante le vostre esperienze raccontano di storie singolari e di luoghi singolari, di attività di tipo singolare.
Avete la straordinaria ricchezza dell’albero degli obiettivi
Parlare di sistemi di indicatori che siano in grado di costruire un’omogeneità di senso non sarà semplice. Dobbiamo evidentemente trovare un tratto di natura comune, che riunisca questo tipo di esperienze. L’inquadramento di senso generale della distinzione e della specificità dei luoghi della memoria può essere aiutato da questa cornice.
Conosco da molto tempo il lavoro assolutamente prezioso che fa Fedele: un lavoro che ammiro, per la capacità di fare emergere elementi di senso dalle storie anche più disparate intorno a componenti che devono costruire comunità. È un fatto assolutamente rilevante quando fai attività diciamo di programmazione.
Il peso delle parole
Troppo spesso questo tipo di approccio viene dato in maniera adempitiva: avete un’occasione importante, non soltanto di ricostruire il valore delle cose che fate, in termini di interpretazione di tipo collettivo e comune e non nella solitudine di chi fa, ma avete anche modo oggi di informare un processo di programmazione di tipo futuro, con una raccolta di senso, che contiene una cosa che è tipica anche del lavoro che fa Fedele: il senso delle parole, per ricostruire elementi analitici di obiettivi specifici distintivi, che ad una prima lettura possono sembrare simili.
Il peso delle parole è in grado di distinguere elementi di dettaglio nell’analisi valutativa e questo è un forte elemento di pregio.
Sono anche convinto di un fatto: in realtà questi obiettivi di natura specifica e i risultati che sono sottesi a questi obiettivi che avete avuto modo di fare emergere e di condividere sono fortemente utili soprattutto per le loro caratteristiche performative dell’azione. Se io fossi oggi la Regione, prenderei questo tipo di obiettivi come requisiti dei soggetti che partecipano e dei progetti che possono essere finanziati: devono tendere a questo tipo di cose e devono attendere ad ottenere un certo tipo di risultati.
Il tratto di natura comune che riesce a essere oggetto di valutabilità
Gran parte di questi obiettivi è fortemente ispirata a logiche di tipo qualitativo. E nella singolarità delle vostre storie c’è il tema della comparazione.
Considerando la diversità dei contesti, degli interpreti e dei contenuti, come possiamo riuscire a misurare degli obiettivi qualitativi?
I presidi dei contenuti materiali e immateriali, i luoghi della memoria, sono generatori di valore se hanno la capacità e la cura di dispiegare in un tempo medio lungo la qualità della propria azione, riuscendo a garantire la riconoscibilità pubblica, dove per pubblico intendo la costruzione di comunità, la capacità di restituire a un bene fisico un valore d’uso contemporaneo alle proprie comunità di riferimento a cui questi beni appartengono. È la storia del grande valore delle grandi istituzioni culturali che si riconoscono nel tempo.
Una politica che intende sostenere ragionevolmente e con grande lungimiranza l’attivazione del consolidamento di luoghi della memoria ispirati al tratto di storia rilevante del Novecento ha bisogno di garantire la durabilità: la capacità di dare nel tempo occasioni di generatività dei risultati e di costruire flessibilità.
Non esecutori di un progetto, ma responsabili di un principio di cura, che deve essere alimentato dalla sperimentazione e da una grande flessibilità operativa.
Il tema degli indicatori
A fronte della ricchezza di questo albero degli obiettivi e della quantità di attività che generano poi gli elementi di risultato possibili, vi suggerisco in generale di individuare pochi indicatori sintetici e misurabili.
Occorre costruire una condizione di coerenza interna ed esterna.
Bisogna trovare degli elementi che non siano soltanto la declinazione degli output delle singole attività, perché queste fra di loro non saranno mai nei fatti comparabili: fate tutti cose diverse.
Francamente è un po’ stantia questa storia di costruire degli indicatori che parlano soltanto dei risultati in termini di numero di prodotti nei fatti conseguiti. Non è neanche una cosa particolarmente interessante sotto il profilo dell’interesse pubblico, tanto meno sotto il profilo dell’interesse generale. Non è interessante sapere se sono state fatte tre, quattro, cinque esperienze di laboratorio piuttosto che sei o sette spettacoli: non ci dice nulla ed è anche vero che esiste un tema di coerenza esterna, rispetto alla programmazione di natura nazionale e a quella europea. Questa esperienza dei luoghi della memoria in Puglia deve essere comparabile in generale con gli elementi di valutazione di programmazione pubblica, che hanno a che fare anche con altri settori o con altre tipologie di processi di valorizzazione culturale.
È un terreno scivoloso, molto molto complesso, in cui francamente ormai ci sono esperienze, studi e una letteratura scientifica un po’ sfuggenti, perché quando si parla di cultura è complicato tirar fuori non soltanto indicatori di output. Sarebbe molto meglio identificare indicatori di outcome, di impatti. Che impatti oggi genera la cultura?
Oggi si apre tutta la stagione del Welfare culturale
Finalmente la cultura non è più un elemento ancillare allo sviluppo turistico, ma è un bene in sé, che costruisce le condizioni abilitanti del benessere delle persone, delle loro aggregazioni e delle diverse comunità. È ancora più importante riuscire a cogliere come misurare questi impatti.
Vi dico soltanto che l’Italia è stata finalmente capace di introdurre nel ciclo di programmazione 21/27 degli indicatori propri legati al tema dei processi di valorizzazione culturale. Anche lì stiamo parlando di indicatori poveri.
C’è uno specifico indicatore che riguarda la partecipazione culturale
Penso che questo sia un tema delicatissimo. Pochi mesi fa sono usciti nuovi dati Istat sui livelli di partecipazione culturale nel nostro Paese, fermi da vent’anni, in cui si incrementa la condizione di esclusione della partecipazione culturale con la marginalizzazione di fasce intere della nostra popolazione e con livelli che addirittura negano le condizioni di rafforzamento dei sistemi di offerta culturale.
In questi ultimi 10-15 anni la Puglia ha costruito una tale qualità e quantità di offerta culturale, tanto da essere quasi alla pari con alcune regioni che storicamente hanno investito molto in cultura. Eppure abbiamo dati di consumo e di partecipazione di tipo culturale in cui siamo al penultimo posto in Italia. Questo significa che non basta soltanto un’azione di sostegno all’offerta culturale. Normalmente occorrerebbe avere un programma di intervento per sostenere la domanda culturale e la partecipazione culturale.
I luoghi della memoria possono diventare agenti attivatori di comunità
Possono essere in grado di costruire elementi di facilitazione per l’accesso culturale e di reinterpretazione delle storie delle stesse persone, in modo che la partecipazione culturale sia elemento reinterpretato rispetto all’indicatore di output “numero di progetti culturali finanziati” o “numero di partecipanti”.
Dobbiamo provare a costruire una declinazione interna specifica dei luoghi della memoria in cui questo meta-indicatore del periodo 21-27 sia ispirativo di una logica coerente di intervento, non di un cluster specifico: che sia contagioso, che contamini la qualità interpretativa dei processi valutativi in generale sulla dimensione dell’offerta, per far crescere la domanda e la partecipazione culturale.
Penso che questo sia il tema più strategico che tocca oggi alla Puglia e sono convinto che questa sia una dimensione rilevante, anche per le politiche di programmazione
Io vi darei questa indicazione: tenete conto della specificità delle caratteristiche di senso che hanno i luoghi della memoria rispetto alla selezione dei rami.
Gran parte di questi obiettivi specifici – e questo è un invito che faccio direttamente alla nostra Regione – devono essere assunti prevalentemente come elementi che caratterizzano i criteri di partecipazione e dunque la capacità di progettazione: devono essere elementi descrittivi delle caratteristiche fondanti performative della qualità dell’azione che si propone.
Individuiamo pochi indicatori sintetici e misurabili
Che siano però coerenti internamente e che costruiscano valutazioni comparabili tra le storie tutte diverse, e che siano in grado di aggiungere valori interpretativi a un livello superiore, per poter consentire la capacità di rappresentazione di questa esperienza nell’ambito più grande delle politiche per la promozione culturale e per il sostegno ai processi di valorizzazione culturale della nostra terza stagione.
E io mi fermerei qui.
Sul monitoraggio partecipativo
Le riflessioni di Aldo Patruno, Direttore del Dipartimento Turismo Economia della Cultura e Valorizzazione del Territorio della Regione Puglia.
Ho avuto modo di leggere l’impostazione del documento sulla base del quale oggi state lavorando e mi ha molto colpito. Non avevo dubbi rispetto alle persone coinvolte, ai professionisti coinvolti, all’impostazione lavoro che da qualche tempo si sta conducendo, sulla pertinenza assoluta delle modalità di sviluppo di questo progetto che nel caso specifico siete riusciti a costruire.
Se non si dà un senso, una prospettiva alla norma, si rischia di non sortire alcun effetto. Viceversa mi pare che il processo avviato dia senso vero a quella norma.
È un processo in cui l’obiettivo è quello di traslare questa piccola norma all’interno del disegno normativo più complessivo sui beni culturali e in particolare sulla Legge Regionale n.17 del 2013 dove abbiamo introdotto l’inventario del patrimonio culturale immateriale, che ovviamente ha molto a che vedere con la memoria e con i luoghi della memoria.
È evidente che questo può essere semplicemente un processo tecnico in cui tu fai la sistematizzazione del corpus normativo in materia di beni culturali materiali e immateriali o può invece essere l’esito di un percorso che è quello che state attuando e che dà un senso alla razionalizzazione normativa.
Sono sempre stato convinto che se devi fare o riformulare una norma, devi utilizzare lo strumento più potente a disposizione di una democrazia, di un sistema giuridico e di una Regione, che ha questo potere normativo finché ce lo lasceranno.
Penso che le norme siano lo strumento per realizzare nella maniera più efficace gli obiettivi, superando le problematiche che non sono altrimenti superabili. Ma le norme devono avere un senso, devono avere un’anima, a maggior ragione se si occupano di tematiche di questo tipo.
Questa premessa non è formale, ma è il riconoscimento di come si riesca a dare senso alla valanga di provvedimenti che siamo chiamati ad attuare, alle volte senza avere la piena comprensione della ragione per la quale stiamo attuando certi provvedimenti normativi
È un’operazione metodologica innanzitutto, di cui io voglio dare atto, per la quale oggi ho ritenuto opportuno essere presente e rispetto alla quale sono estremamente interessato.
Siamo estremamente interessati, con i colleghi che oggi stanno lavorando ad impostare la nuova programmazione, a capire come integrarla con il PNNR, a capire quale sia la strategia il 2030, dati gli obiettivi che ci siamo dati per lo sviluppo sostenibile, che cosa è la sostenibilità, oltre una nozione meramente ambientalistica o ecologica.
Oggi noi stiamo ragionando sicuramente per quanto concerne la programmazione di competenza dell’Assessorato Cultura dell’Assessorato Turismo in una logica di sostenibilità integrale, in cui il primo elemento della sostenibilità è la conoscenza.
L’altro elemento annesso e connesso è la partecipazione, il coinvolgimento. Anche qui c’è una norma regionale e mi piacerebbe molto che questa norma sulla partecipazione non fosse come spesso capita una norma formale, per attuare la quale dobbiamo rispondere a un obbligo giuridico, legislativo senza una condivisione reale dei processi, delle azioni, degli interventi e degli investimenti.
L’esito di questo processo sarà sicuramente una sistematizzazione normativa
Sarà sicuramente l’indicazione di spunti strategici di investimento, perché si possano produrre azioni e misure nel nuovo periodo 21-27, in coerenza con i suoi obiettivi fondamentali.
È il tema della determinazione delle condizioni di qualità della vita dei cittadini e delle cittadine pugliesi: quello che abbiamo chiamato welfare integrale, anche culturale. La tesi che noi stiamo sostenendo è che il welfare, che l’Europa ha inventato e che è stato impostato fino ad oggi su due assi strategici, l’istruzione pubblica e la sanità pubblica, oggi debba avere un terzo asse, che è la cultura pubblica, la cultura accessibile a tutti.
È cambiato il mondo, è successo di tutto.
La qualità della vita delle persone è peggiorata, è pesantemente peggiorata. Il senso delle relazioni di comunità si è pesantemente sfilacciato, sfibrato. Ecco perché è importante questa legge ed è importante il processo attraverso il quale viene attuata.
Il recupero dei luoghi della memoria, il recupero della storia e dell’identità declinata in maniera diversa in ciascun territorio e in ciascuna comunità, il valore del patrimonio culturale materiale e immateriale, dei luoghi dei paesaggi culturali chiamati così nel Piano Strategico della Cultura, non sono un onere burocratico, ma uno strumento fondamentale per ricucire quella socialità che vediamo drammaticamente dispersa in individualismi, in egoismi, in autoreferenzialità. Se adeguatamente interpretata dagli 11 rami di questo albero, estremamente interessante, molto articolato e senso di un grande lavoro sviluppato a monte, dovrà tradursi in azioni concrete, fattibili.
La definizione di obiettivi strategici, di obiettivi specifici e di azioni in cui tutto questo si deve concretizzare penso sia il percorso giusto e non vedo l’ora di poter contare su questo catalogo di interventi, da associare alle poche azioni e alle pochissime sub-azioni che abbiamo nella Programmazione 21-27.
Abbiamo chiara l’idea che questi temi non stanno chiusi dentro il perimetro formale di un’azione, di una sub-azione o di una misura, ma attraversano quel programma per intero, dall’obiettivo 1 fino ad arrivare all’obiettivo di policy 5, nel perimetro delle nostre competenze, quello dello sviluppo territoriale, che declina un concetto nuovo di rigenerazione, che è urbana, sociale, economica, territoriale e, soprattutto, integrata.
Non ci saranno azioni d’appannaggio del singolo comune, del singolo beneficiario, della singola associazione. Ci saranno gli Investimenti Territoriali integrati, che dovranno appunto rappresentare un sistema in cui il bisogno e l’investimento nascono dalla capacità dei soggetti istituzionali e non di parlarsi, di condividere le priorità e di presentarle in maniera integrata. Diversamente, quell’obiettivo di policy 5 non atterrerà.
Molti sono preoccupati perché il novero sarà stretto. Saranno 40-50 gli enti istituzionali beneficiari di queste misure, ma nella logica dell’investimento territoriale integrato, se questo lavoro viene fatto, è evidente che l’effetto moltiplicatore e il valore aggiunto riguarderanno l’intero sistema territoriale e modificheranno tutto, persino gli ambiti turistici di rilevanza, che non potranno più essere i sei, più o meno corrispondenti alle province. Dovranno essere ambiti che rispondono ad una necessità di investimento territoriale integrato. Non conosco strumento più efficace per costruire integrazione, dialogo e comunità se non la cultura e il riconoscimento dei luoghi identitari in cui quel patrimonio culturale si materializza.
Ci tenevo a inquadrare questo percorso dentro una strategia più generale ed evidenziarvi come i risultati che verranno da questo percorso saranno estremamente significativi nella definizione delle azioni che metteremo in campo.
La riflessione in gruppi paralleli
I partecipanti scelgono due rami dell‘Albero degli Obiettivi. In due gruppi paralleli iniziano a indagare aspetti utili a rintracciare indicatori che siano in grado di costruire un’omogeneità di senso e riguardare l’attivazione durevole delle comunità e della partecipazione culturale.