Giovedì 4 maggio 2023. Rita Orlando, Davide Mennillo, Daniele De Luca, hanno evocato panorami nuovi rispetto alle attività in corso: declinazioni diverse che possono agganciare un’evoluzione delle progettualità, ricadendo come fabbisogni da interpretare nel programma biennale.
Nel laboratorio si è arricchita in tempo reale la scrittura sulla lavagna.
Rita Orlando, L’archivio come pratica generativa
Dal 2014 è entrata a far parte del team di Matera 2019 per la candidatura vincente della città a Capitale Europea della Cultura, occupandosi di progetti di innovazione sociale su scala internazionale (unMonastery) e del programma di residenze artistiche. Dal 2016 è responsabile dell’Open Design School, laboratorio di progettazione partecipata e innovativa, partner del New European Bauhaus, che ha prodotto più di 50 progetti di rigenerazione urbana, installazioni, game design, coinvolgendo 100 professionisti e circa 2.000 cittadini in workshop di design by doing e DIY. Per Matera 2019 è stata project manager di una serie di 4 mostre d’arte contemporanea internazionali, oltre a collaborare alla definizione del programma di capacity building e del palinsesto culturale. Coinvolta in processi di apprendimento innovativi basati sul learning by doing e sul peer-to-peer learning per le industrie culturali e creative, ha gestito progetti su scala europea. È progettista della Fondazione Matera-Basilicata 2019. Cura le residenze artistiche, i processi di co-creazione, l’ideazione e la direzione di progetti innovativi nel settore del design, le relazioni internazionali e i progetti su scala nazionale ed europea.
Project Manager di Idea, Rita Orlando ci presenta I-DEA, progetto pilastro di Matera-Basilicata 2019 e il portale open data di Matera-Basilicata 2019
Perché gli oggetti che esistono possano diventare patrimonio comune, realistico e inedito.
I-DEA, meta-archivio aggregatore, piattaforma di discussione del contemporaneo, un’occasione assoluta e irripetibile nata da un museo demo-etno-antropologico. Una mappatura delle cose straordinarie, archivio e materia viva, ricchezza storica ed umana, rottura della linea retta per l’instabilità dell’identità regionale, dai depositi miniera. Una mappatura diffusa di tutti gli archivi delle famiglie e dei privati, archivi di fatto e nuove connessioni e nuovi significati. Censimento per ritrovare una geografia, con ricercatori e curatori lungo le tracce. Emersione del nascosto, centinaia di intagliati di pastori mai esposti, una grande apertura verso quello che c’era. 5 artisti per dare libera interpretazione, smontando la linea temporale, scombinando, per linee di lettura inedite, rendendo contemporaneo il materiale storico, eventi satellite per curatele collettive. I testimoni entrano nell’immaginario collettivo, gli artisti creano la magia dalla testimonianza.
Domenico Mennillo: L’archivio come pratica est/etica
È un artista visivo italiano. Realizza pratiche artistiche legate alla storia della cultura occidentale, con la creazione di installazioni site specific, per le quali realizza manufatti e oggetti. Laureato in filosofia, si occupa anche di curatela scientifica di archivi di poesia visuale internazionale, performance e arte ambientale. Cura mostre, workshop, seminari di studi e convegni. Ha pubblicato oltre venti volumi fra monografie e saggi, dedicandosi inoltre alla realizzazione di libri d’artista non venali, in copia unica o in tiratura limitata. I suoi lavori sono stati presentati in Fondazione Morra, al Museo Hermann Nitsch Napoli, alla Fondazione Donna Regina per le Arti Contemporanee, al Museo Madre Napoli, alla Fondazione Campania dei Festival, al Museo Macro Roma, al Museo Villa Pignatelli Napoli, al Museo della Certosa di San Lorenzo Padula, al Künstlerverein Malkasten Düsseldorf, alla Biennale di Venezia, alla Mostra Internazionale di Architettura, alla Triennale Milano.
Domenico Mennillo ci racconta l’esperienza presso Fondazione Morra: un approfondimento del Concept legato all’archivio e all’arte. Come le sue pratiche sono state riportate all’interno di un museo, dove l’archivio è qualcosa che va oltre la sua polvere, diventando un luogo futuristico. L’attivazione dei workshop, con la costruzione di opere ibride in stanze delle meraviglie. La messa in gioco dei documenti di carta come ritrovamenti eccezionali. La profanazione di divieti stupidi e le interrogazioni all’interno dei musei. La concentrazione di intimità e di oscurità. I documenti che valgono zero che ricevono dignità, con didascalie per perfetti sconosciuti. La sfida è la diffusione di questi valori, come patrimonio collettivo.
Opere ibride di anziani e bambini nei quartieri abitati: Caravaggio e popolo, dinamiche e pratiche legate all’archivio. Primizie per la città e per l’Italia, archivi di documenti, di archivi privati degli artisti, archivi abbandonati dai mercatini delle pulci. La voce si è diffusa per dare una nuova vita, vedere le altre possibilità dell’abbandonato. È un racconto sullo stato degli archivi di Italia, pratiche d’artista riportate in un museo. Un lavoro su come un archivio vada oltre la polvere, una pratica della meraviglia, uno spazio site-specific. Opere ibride fatte con le persone del posto, workshop in stanze delle meraviglie, delle carte ritrovate, documenti di famiglia. Immettere in gioco i propri documenti, performer in una classe simulata, per lezioni fuori dal comune, cattedre con il lume acceso, scena futuristica per approfondire discipline, epistolari ritrovati nei mercatini, per far saltare per via di profanazione i divieti stupidi, avvicinare i fruitori, approfondire la fruizione. Documenti che valgono zero e che ricevono dignità, dando un’occhiata a quello che sta per diventare scarto. Super8 fatti in casa. La velocità ci fa perdere ricchezze straordinarie, le gamme del rosso, i dispositivi con un rilancio filosofico. Archive art accanto alla documentazione scientifica rigorosa, dando attenzione, mischiando le carte, una cosa di grande potenza, un deposito museo, una soffitta di scarti in disuso. C’è fluidità fra deposito, archivio e mostra: è una pratica per smarginare. Quello che sta per essere buttato è prezioso. Le opere buttate dai figli sono il disastro. E a un certo punto devi uscire dall’archivio, se no impazzisci. Servono motivazioni molto forti, togliere le distanze e cercare le persone, creare attività e portare in mostra, perché vediamo la nostra vita impoverita. Alcuni tentativi vanno azzardati: pratiche estetiche, pratiche di relazione. Date ancora un’occhiata ai vostri scarti.
Daniele De Luca. Zakhor, la memoria come difesa dall’oblio
Daniele De Luca (1964) è professore associato confermato di Storia delle Relazioni Internazionali presso il Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università del Salento dove insegna Storia delle Relazioni Internazionali presso il Corso di Laurea Triennale in “Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali”, Storia Internazionale del Medio Oriente presso il Corso di Laurea Magistrale in “Studi Geopolitici e Internazionali” e Storia dell’Africa Contemporanea presso il Corso di Laurea Magistrale in “Scienze per la Cooperazione Internazionale”. Dal novembre 2019 è presidente dei Corsi di Laurea in “Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali” (L-36), “Studi Geopolitici e Internazionali” (LM-62) e “Scienze per la Cooperazione Internazionale” (LM-81) dell’Università del Salento.
Come promuovere la memoria, quale memoria promuovere. Sono frequentatore seriale di archivi, ortodosso e tradizionalista. La storia orale ha sempre una serie di difficoltà: ha i testimoni diretti, con vergogna a raccontare. Memoria e storia nascono dal desiderio di opporsi all’oblio, presenti a se stessi, guardandoci intorno. Gli archivi come case, non soltanto archivi. Gli archivi si aprono, i musei si aprono. La memoria è il filo del rasoio, cosa estremamente sensibile, che tocca la vita delle persone. Nei luoghi della cancellazione della memoria ci sono immagini normali e personali, i volti delle persone. Davanti ai volti, attenti a non giocare con la memoria e con la storia locale, man mano che ci allontaniamo dagli eventi.
Noi non siamo più chiusi nelle torri d’avorio. Siamo usciti dall’università e siamo andati per strada. Finalmente andiamo nelle scuole, cambiando il tipo di linguaggio, rendendolo non più specialistico. Siamo mondi interconnessi.