Pubblicato il 24 Dicembre 2023
Abbiamo sognato la sfida. Apriamo le porte per cedere la memoria, ricucendo legami tra generazioni. Con un archivio disarchiviato ci concentriamo sulle parole, finché le forze basteranno. E insieme stiamo camminando, per una percezione matura. Per mettere in campo l’eleganza della vita, disseppelliamo semi, perché ciò rimanga segnato: un ritrovo intorno al braciere, memorie e oggetti che ritornano in vita, materiale di Comunità, legati a un vissuto, dalla penombra all’attenzione.
Come stiamo facendo Memorie
- Rendendo accessibili gli archivi, pubblici e privati, che sono luoghi della memoria, il fare e il pensare dell’essere umano, per costruire politiche culturali,
- gli archivi sanno raccontare diversi passaggi della storia del Novecento, anche se sono di modeste dimensioni,
- disarchiviando e attualizzando: recuperando le memorie presenti negli archivi, i vissuti veri, le storie di vita e la cultura popolare,
- facendole vivere e rivivere, rimettendole al centro e in discussione,
- per farle diventare materiale di comunità, come incrocio di generazioni,
- disseppelliamo semi interrati dai depositi del tempo: carte d’archivio, artefatti, manufatti, tecniche e ricordi, profondi e dolorosi, nei cuori delle persone,
- custodiamo i semi, mettendoli a dimora, con la schedatura, il restauro e lo spolvero, perché prendano valore commovente,
- disseminiamo i semi lungo itinerari digitali,
- facciamo una ricerca storica partecipata, utilizzando diversi canali, con un’analisi di contesto,
- con una lettura critica e una ricerca storica sulle fonti, restituendo la natura del territorio, incrociando la ricerca bibliografica,
- ci concentriamo sulle parole: legando la narrazione ai documenti di archivio, raccontiamo gli oggetti assieme alla vita delle persone,
- riattiviamo la memoria sul piano dell’arte: sviluppiamo realizzazioni vivendo e sperimentando i territori,
- come in un ritrovo di famiglie, attorno al braciere,
- con una ricerca etnografica sul campo, per l’emersione di pezzi significativi del vissuto,
- intercettando i depositari diretti,
- rimettendo in campo la parola vivente di madri, padri, nonne e nonni, compagne e compagni di viaggio, portatrici e portatori di conoscenza e di ricordi, per sentire dalle voci tutto il racconto,
- registrando storie di vita che evocano una mappa di memoria, collegata ai paesi coinvolti, oltre i confini nazionali,
- con il coinvolgimento di giovani e di giovanissimi,
- andiamo fisicamente nei luoghi, ricreando le storie,
- con un arsenale di apparizioni, con una pratica dell’oralità,
- utilizzando una molteplicità di linguaggi, per la restituzione pubblica dei lavori: le arti del teatro, della cinematografia, della musica, del canto, dell’abbigliamento e della moda, e i linguaggi legati alle più recenti tecnologie,
- riportando all’attenzione chi la vita aveva confinato in penombra, riascoltando composizioni e opere,
- lavoriamo con le scuole, per cedere loro le memorie, messaggi da far vivere ancora,
- facciamo formazione nel campo delle nuove tecnologie, in collaborazione con università e fablab,
- conservando tutta la produzione del progetto all’interno dell’archivio, luogo da interrogare e da arricchire, per lo sviluppo della qualità della vita,
- è la comunità che decide nel processo di consapevolezza e di responsabilità,
- consegnare scrittura, narrazione, elaborazione: ricordare per cambiare, cambiare per sperare.
Come stiamo facendo Comunità
- Lo facciamo a partire dalla custodia delle memorie visionarie, perché la comunità persista,
- con il chiaro intento di metterle in scena,
- in un luogo in cui si respira il senso della loro condivisione, individuale, politico e sociale e nelle case delle persone, raccogliendo documenti e fotografie, intervistando;
- operare per la tutela e per la trasmissione del patrimonio delle memorie è appartenenza alla comunità, aperta al dialogo creativo tra le culture,
- storie private, storie singole, archivi privati, diventano testimonianza per tutti,
- perchè anche il territorio prossimo è coinvolto nell’appartenenza e nella responsabilità,
- attraverso un ampio partenariato in rete, territorialmente articolato
- con la graduale aggiunta di partner istituzionali e festival
- con legami e connessioni ad altri luoghi della memoria
- con gli altri operatori culturali
- con le istituzioni scolastiche
- con le università
- con i Gruppi d’Azione Locale
- con fotografi vicini e lontani, per una visione autoriale
- chi collabora lo fa grazie alla forza di questo legato, di queste memorie,
- con una particolare armonia tra di noi, che ci spinge all’interrogazione, con un fermento interno diverso,
- raccogliendo dalla gente del territorio donazioni di oggetti della memoria, che sono riutilizzati, ritornando in vita,
- trovando insieme percorsi di fruizione e di valorizzazione, per una visione solida delle memorie,
- alla ricerca di un metodo per lavorare insieme, verso una comunità di patrimonio, di identificazione e di appartenenza,
- con pratiche di scena in cerca di teoria, come assorbimento da parte degli spettatori,
- ricucendo le nuove alle vecchie generazioni, attraverso un cordone che si era sfaldato, per generare fiori e frutti,
- facendo orientamento al futuro con la raccolta di cose di famiglia che parlano: l’emozione è forte, per la scoperta meravigliosa di avere una storia, con interrogazioni costanti e continue,
- creando un cerchio di comunità di racconto: la memoria messa in comune diventa narrazione e storia,
- attraverso la visione partecipata, intrecciando le storie, si può produrre testimonianza e senso di comunità,
- con testimoni speciali delle memorie, per riviverle e rimetterle in comunione con la comunità attuale, ripercorrendo una storia attraverso la memoria,
- facendo proliferare iniziative,
- creando attorno comunità generative, con il potere dei segni: il pane e il lievito che fa fermentare la voglia di comunità,, per sentirne il gusto ogni volta che si pronuncia la nostra terra,
- attivando attorno ai segni esperienze di condivisione e invenzioni di promozione del territorio, cammini ad anello;
- coinvolgendo coloro che non sono mai entrati, come protagonisti attivi di un processo,
- la memoria e la comunità fanno valore, per un comune patrimonio culturale, che funge da collegamento transgenerazionale e da vincolo di trasmissione collettiva.
Come stiamo facendo Cambiamento
- È un cambiamento di prospettiva, dell’attenzione delle comunità, una spinta all’azione e alla trasformazione, che è nell’eredità ricevuta,
- non è un percorso di nostalgia: serve a capire dove siamo arrivati e dove potremmo andare,
- è un cambiamento della consapevolezza di essere protagonisti di un processo di patrimonializzazione,
- è inserire all’interno della conservazione delle testimonianze il fattore esplosione, perché continuino ad essere figure sorprendenti e scolvolgenti,
- per mettere in campo l’eleganza della vita, fatta di scelte belle, per il bene di tutti,
- per innovare nelle materie, nei rapporti e nella formazione che è spinta trasformativa per soggetti nuovi e fragili,
- è già nella memoria il potere trasformativo, la potenzialità di germogliare, come quella dei semi,
- stanno emergendo nuovi archivi, per un archivio diffuso, itinerario culturale e turistico, con il senso di consapevolezza di essere custodi di un tesoro,
- con una diversa percezione competente delle memorie, strutturata e analitica,
- andando incontro all’umanità, lavorando sulle parole, coltivando il luogo della memoria, per un pensiero che possa andare oltre,
- la storia e la memoria sono un bene comune pubblico, le utilizziamo come strumento di welfare: è il senso di una sfida orientata al futuro,
- questo significa puntare l’attenzione sulla singolarità, sull’unicità di ogni storia di vita, fonte di accoglienza dell’altro, di inclusione, di abbattimento degli stereotipi, di una visione etnocentrica della cultura,
- ricordare fa stare bene e sprigiona coesione: i ricordi personali ricompongono la memoria collettiva e possono diventare un fattore di cambiamento,
- sviluppiamo attività in fermento, con i co-worker, presto partner,
- con la presenza di luoghi di aggregazione, per la produzione della cultura,
- è un cambiamento di visione dello spazio,
- è un’attenzione diversa e maggiore verso le potenzialità del luogo, dove si va per fare delle cose,
- costruiamo tutti i giorni la comunità in un luogo sicuro e pubblico, un’area viva nel cuore degli spazi urbani caldi, aprendo le nostre porte, soprattutto ai giovani, per giocare, dialogare, stare e interagire, per la conoscenza di sé,
- facciamo delle fabbriche un ricordificio, per scambiare ricordi, per tessere un legame con il territorio di ricostruzione delle storie, con oggetti tangibili,
- è un aumento della qualità del dialogo fra le diverse parti sociali, intorno e nello spazio, che ha un riverbero nella città,
- con un processo di riappropriazione di una dimensione fisica: dei territori e delle storie familiari, delle radici e della storia globale, camminando negli stessi sentieri dove sono accadute le cose, ripercorrendo i percorsi della memoria,
- con costanza: la fotografia dell’oggi diventa documento domani e memoria dopodomani.
- con il monitoraggio partecipativo: a scala regionale ci mettiamo in discussione, ci confrontiamo, creiamo una rete dei luoghi della memoria, anche oltre i confini regionali.
- Il cambiamento è mettere insieme più Comuni e insieme costruire un anello, perché il progetto non si chiuda e ci spinga a continuare a fare ancora insieme, con tutti gli attori del territorio.
- Il cambiamento in fondo è questo: la memoria non solo come ricordo, ma come orizzonti che aprano al domani e che fermentino possibili vie di bellezza, di speranza e di vita felice.